Cosa sono le esternalità

Il problema delle esternalità negative e il loro impatto


Ogni attività umana, economica o meno che sia, produce esternalità, positive o negative che siano. Tra le prime, a titolo di esempio, vi sono i comportamenti di solidarietà sociale, di impegno nel volontariato ma anche attività economiche che apportino un qualunque tipo di contributo alla collettività. Si pensi, ad esempio, alle attività culturali, magari intraprese in una prospettiva prettamente imprenditoriale, come, ad esempio, l'apertura di una scuola musicale in un quartiere nel quale siano presenti fenomeni di disagio sociale od economico. Oltre al ritorno, in termini di profitti, per l'impresa vi sono anche ulteriori benefici che la collettività riceve.


Il diritto solo occasionalmente consente l'internalizzazione delle esternalità positive: gli esempi più noti sono certamente rappresentati dagli istituti tipici della proprietà intellettuale, quali il diritto d'autore e quello dei brevetti. In tali casi, mediante l'attribuzione di un diritto esclusivo di sfruttamento economico dell'opera intellettuale, all'autore o all'inventore viene conferito una sorta di monopolio legale che consente a costoro di ricevere una ricompensa per l'apporto alla conoscenza collettiva che la loro intrapresa genera.


È però il problema delle esternalità negative che rappresenta un ambito nel quale la regolamentazione giuridica si fa più incisiva e penetrante, anche per via dell'impatto negativo che esse hanno all'interno di un'economia di mercato.


Gli economisti classificano infatti questa tipologia di esternalità come un "fallimento di mercato", in quanto esse si concretizzano in un trasferimento di ricchezza involontario, non frutto cioè di una transazione volontaria, la sola ad essere, per definizione, Pareto-efficiente -- vale a dire che generi un miglioramento della situazione di tutte le parti coinvolte nello scambio, che lo hanno infatti voluto. Il problema economico che le esternalità rappresentano deriva dagli effetti distorsivi sulle funzioni di costo delle imprese produttive, con il risultato di conferire a colui che può produrre esternalità negative non ricompensate un vantaggio sui propri concorrenti.

Si prenda l'esempio di un processo produttivo inquinante. Se non si applica un principio secondo il quale "chi inquina paga", e se si consente all'impresa di scaricare parte dei costi, che sono propri del processo produttivo, sulla collettività, essa sarà in grado di produrre e di immettere sul mercato il proprio prodotto ad un prezzo che non rappresenta l'intero suo costo di produzione, con la conseguenza di consentirle di produrre una quantità superiore a quella ottimale, per la quale il costo marginale di produzione sia eguale al prezzo praticabile. Non solo, essendo quest'ultimo inferiore a quello praticabile da parte di chi quei costi debba internalizzare, la possibilità di esternalizzare conferisce all'impresa un vantaggio competitivo ingiusto, che le consentirebbe di acquisire quote, e quindi potere, di mercato, perturbando ulteriormente la concorrenzialità dello stesso.


Tradizionalmente le metodologie utilizzate per attenuare questi effetti distorisivi delle esternalità sono molteplici, e tutte comunque soffrono di alcuni limiti: l'imposizione fiscale, la quale dovrebbe rialliniare la funzione di costo (privato) dell'impresa con tutti i costi, interni ed esterni, dei processi produttivi; l'allocazione iniziale dei diritti esclusivi, siano essi agganciati a rimedi di tipo inibitorio o di tipo risarcitorio; altri sistemi di regolamentazione quale quella urbanistica, ambientale e paesaggistica.